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Fontana di Orione

Messina (Messina)

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Fontana di Orione

Piazza Duomo - Messina (Messina)

Descrizione

Piazza Duomo, Messina Messina

La Fontana di Orione, a Messina, è l’opera di un discepolo di Michelangelo: il suo nome era Giovanni Angelo Montorsoli (1507-1563), fiorentino, religioso dell’ordine dei Servi di Maria, scultore e architetto.

La fontana Orione venne commissionata dal Senato di Messina a Giovan Angelo Montorsoli, allievo di Michelangelo, verso la metà del XVI secolo. Per dar risalto alla sua collocazione in piazza Duomo fu necessario abbattere la chiesa di S. Lorenzo, della quale sopravvivevano soltanto pochi ruderi.
Il Montorsoli dedicò la fontana a Orione, il dio gigante dell’antichità che la tradizione voleva esser fondatore di Messina.
Il bacino inferiore poggia su un basamento di tre gradini di forma decagonale, interrotto da quattro rientranze simmetriche nelle quali s’incastrano quattro vasche con mascheroni che ricevono l’acqua dalle anfore che quattro morbidissime statue nude tengono in grembo.

Queste statue rappresentano i quattro fiumi Nilo, Tevere, Ebro e Camaro, disposti in modo che il Nilo e il Tevere e l’Ebro e il Camaro si guardano, mentre il Nilo e il Camaro e il Tevere e l’Ebro si danno le spalle.

Nelle rientranze sulle quattro vasche sotto le statue dei fiumi ci sono una riquadratura grande e due piccole ai lati e nelle due facce di fianco una cartella per ciascun lato. Tra le quattro vasche sul parapetto spiccano otto formelle rettangolari abbinate a due a due. Agli angoli sporgenti e rientranti ci sono delle cariatidi che sorreggono l’orlo della vasca.

Fra i soggetti rappresentati nelle formelle il Nilo e le sette foci, la scena mitologica di Aci e Galatea con Polifemo, l’idillio fra Pomona e Vertunno e poi ancora sotto la statua del Tevere la lupa con Romolo e Remo.
Continuando a guardare le cartelle ovali vicine si scoprono Narciso che si lancia a capofitto in una limpida fonte in un giardino; Atteone che, scorta Diana nuda al bagno, viene trasformato in cervo e dilaniato; L’aquila bicipite e le colonne d’Ercole, con lo stretto di Gibilterra rappresentato con due fari: da una parte c’è Atlante e dall’altra Ercole. Sotto la statua del Camaro (il torrente messinese che avrebbe dovuto alimentare con le sue acque scarse la fontana) viene rappresentata la città con le mura com’erano nel ‘500 con una dama (Messina) che invita un uomo sdraiato (Camaro) a entrare in città.
Nelle due formelle successive si vedono: la morte di Icaro e Frisso con la sorella Helle che affoga nelle acque dell’Egeo.

Agli otto angoli delle quattro rientranze sono posti dei mostri marini con le code di delfino ripiegate sulla schiena (un cavallo marino e una vacca; un leone marino e un grifone; un cane marino e una leonessa; una sirena e un mostro marino con sembianze umane).

Dal centro della vasca grande si alza un blocco di sette metri; dagli spigoli di questo si evidenziano quattro sirene alate e nella parte superiore quattro tritoni inginocchiati che sostengono una seconda vasca decorata variamente (in particolare quattro teste di medusa che versano acqua dalle bocche).

Un secondo basamento si alza al centro di questa vasca con quattro giovani ninfe nude con le mani sorreggono la terza vasca.

Sopra la vasca delle ninfe c’è un gruppo di putti, a cavallo di delfini che reggono una sfera

Sulla sfera si erge Orione con il cane Sirio accoccolato ai piedi.

Recensioni

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