Pane Cunzato

Come tante magie della cucina tradizionale tutto ebbe inizio in campagna, quando una volta a settimana le donne contadine panificavano.
Dopo aver impastato a lungo acqua, farina di grano duro, pasta madre, semi di finocchio selvatico e sale, si dava forma al pane.
Ogni città, ogni paese aveva le sue tipiche forme: erano grosse pagnotte da un chilo ed oltre, le vasteddre, oppure filoni, schiacciate, scalette, fantasiose cuddrure dalle forme più varie o tondi cucciddrati che sembravano ghirlande.
Mentre le forme di pane lievitavano fino a raddoppiare di volume, si accendeva il forno, sempre e rigorosamente con legna di ulivo, e lo si arroventava fino a che le pareti di pietra non fossero diventate bianche. Quindi si liberava il forno dalla cenere, si scopava accuratamente con ramazze fatte con foglie di palma nana e, finalmente, si infornava il pane.
La cottura era lenta ed alla fine il pane aveva una crosta scura, color caffè, spesso punteggiata dai semi di sesamo. Il pane fresco non si consumava mai in giornata; lo si lasciava riposare almeno un giorno e rimaneva morbido anche per una settimana. C’erano però le eccezioni: per i bambini si facevano delle piccole vastiddruzze, quasi dei panini, addolcite con uva passa; per i golosi c’era sempre qualche pagnotta farcita di olive nere o pomodori secchi.

Appena sfornato il pane, le donne contadine, le vestali uniche di questo antichissimo rito, lo conservavano nelle madie.
Qualche forma era destinata ai mariti e ai figli che lavoravano in campagna. Per loro cunzavano il pane ancora caldissimo: l’aprivano a metà, l’incidevano profondamente nella mollica con un coltello affilato, la cospargevano con quello che avevano sotto mano (formaggio, fette di pomodoro, sarde salate, basilico, origano, pepe, ecc…), l’irroravano d’olio e le avvolgevano in spesse tovaglie perché conservassero il calore.

Oggi il pane cunzato lo trovate in ogni forno del trapanese condito nei modi più svariati, ma se volete fare del vostro pane cunzato un’esperienza mistica dovete andare a cercarlo al baglio di Scopello. Alla fine d’una stradella chiusa che s’imbocca poco oltre la piazzetta del Baglio c’è un antico forno (purtroppo oggi pesantemente “ammodernato”).
Qui troverete il pane sempre appena sfornato e condito con pomodoro maturo, primosale, olio di quello buono, acciughe ed origano da accompagnare con un vinello leggero o con una più prosaica birra “agghiacciata”.
Poi vi siederete tra i tavoli rusticamente allestiti in un patio, sotto alberi di fico, darete il primo morso, e perdendovi nel contrasto tra la crosta croccante, la mollica morbida come un abbraccio e il sapore dell'olio seducente come un bacio, vi scorderete del caldo, della fila che avete appena fatto, della crisi economica e… vi sentirete in paradiso.

Redazione Sicilyway.it

Pubblicato il 27/06/2017
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